Legge 167/2007

l’Italia ratifica la Convenzione UNESCO firmata a Parigi nel 2003

sul patrimonio culturale “immateriale”

 

 

di Enzo Varricchio (Gennaio, 2008 )

(presidente del Centro Studi di Diritto delle Arti, del Turismo e del Paesaggio:  www.dirittodellearti.it)

***

 

Indice:  Testo della Legge 167/2007.

Premessa.

1) Una svolta fondamentale;

2) Il testo della Convenzione UNESCO di Parigi 2003;

 3) La nozione tradizionale di patrimonio culturale;

4) La concezione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio;

5) La Convenzione di Parigi 2003 e la nuova nozione inclusiva del patrimonio immateriale nazionale e universale;

6) Considerazioni conclusive.

 

            Testo della Legge 27 settembre 2007 n. 167 in G.U. n. 238 del 12/10/2007

Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 dalla XXXII sessione della Conferenza generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO).

 

 
  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno approvato;
 
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
 
Promulga
 
la seguente legge:
Art. 1.
 
Autorizzazione alla ratifica
 
1. Il  Presidente  della Repubblica e' autorizzato a ratificare la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale
 immateriale,  a adottata  a  Parigi  il  17 ottobre  2003  dalla XXXII sessione della Conferenza generale  
dell'Organizzazione  delle  Nazioni  Unite per l'educazione, la scienza e la cultura  (UNESCO).
 
      
 Art. 2.
 Ordine di esecuzione
 
1. Piena  ed  intera  esecuzione  e'  data alla Convenzione di cui all'articolo  1,  a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, 
in  conformita'  a quanto disposto dall'articolo 34 della Convenzione stessa.
        
 
Art. 3.
 
Copertura finanziaria
 
  1.  All'onere  derivante  dall'attuazione  della  presente  legge, valutato  in euro 148.600 per l'anno 2007, in euro 142.455 per 
l'anno 2008 ed in euro 148.600 annui a decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante  corrispondente  riduzione  dello  
stanziamento iscritto, ai fini   del  bilancio  triennale  2007-2009,  nell'ambito  dell'unita' previsionale  di  base di parte corrente 
"Fondo speciale" dello stato di  previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007,  allo  scopo parzialmente 
utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
2. Il   Ministro   dell'economia  e  delle  finanze  provvede  al monitoraggio  dell'attuazione  del  presente  articolo, anche al fine 
dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978,  n.  468,  e successive modificazioni, e trasmette alle 
Camere, corredati  da  apposite  relazioni,  gli eventuali decreti emanati ai sensi  dell'articolo  7,  secondo comma, n. 2), 
della citata legge n. 468 del 1978.
3. Il  Ministro  dell'economia  e  delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
 
 
Art. 4.
 
Entrata in vigore
 
  1.  La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  
La  presente  legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 27 settembre 2007
 
NAPOLITANO
 
                Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
                   D'Alema,   Ministro   degli  affari esteri
     Rutelli,  Ministro  per i beni e le attivita' culturali
Visto, il Guardasigilli: Mastella
 
 LAVORI PREPARATORI
 
Senato della Repubblica (atto n. 1558):
 
Presentato dal Ministro degli affari esteri (D'Alema) e dal  Ministro per i beni e le attivita' culturali (Rutelli) il 10 
maggio 2007.
Assegnato   alla   3ª   commissione   (Affari   esteri, emigrazione),  in  sede  referente,  il 25 maggio 2007, 
con pareri delle commissioni 1°, 5°, 7° e questioni regionali.
Esaminato  dalla  3ª commissione il 30 maggio 2007, 5 e 12 giugno 2007.
Esaminato in aula e approvato il 19 luglio 2007.
 
Camera dei deputati (atto n. 2931):
 
Assegnato   alla   III  commissione  (Affari  esteri  e comunitari),  in  sede  referente,  il  24 luglio 2007, con pareri 
delle commissioni  I, V, VII e questioni regionali.
Esaminato dalla III commissione il 25 e 27 luglio 2007.
Esaminato in aula l'11 settembre 2007 e approvato il 12 settembre 2007.
 
allegato testo della Convenzione in lingua francese


***

1) Premessa

Con la legge del 27 settembre 2007 n. 167, pubblicata in G.U. n. 238 del 12/10/2007, l’Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione stipulata a Parigi il 17 ottobre 2003 dagli Stati aderenti all’U.N.E.S.C.O.[1], per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, cioè del complesso di beni e/o attività culturali non consistenti in cose mobili o immobili.

La legge è entrata in vigore in vigore a partire dal 13 Ottobre 2007, giusta applicazione dell’art. 4 della medesima e di quanto disposto dall’art.  34 della Convenzione, cui rinvia l’art. 2 .

La dotazione finanziaria viene stabilita per il primo triennio, operando la riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del  bilancio  triennale  2007-2009,  nell'ambito  dell'unità previsionale  di  base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di  previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007,  allo  scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli Affari Esteri.

Al Ministero dell’Economia e delle Finanze viene affidato il monitoraggio della copertura finanziaria, anche al fine 
dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978 n.  468[2],  e successive modificazioni; 
lo stesso  dicastero trasmette alle Camere, corredati  da  apposite  relazioni,  gli eventuali decreti emanati ai 
sensi  dell'articolo  7,  secondo comma, n. 2), della stessa legge n. 468/1978[3].

1) Una svolta fondamentale.

 

Trattasi di un passaggio epocale di assoluto rilievo. Viene superata la concezione tradizionale, sinora puramente oggettuale e materialistica, riguardo i beni culturali, quella particolare categoria di oggetti del diritto che il nostro ordinamento riconosce, conserva, tutela, promuove e valorizza, in ragione del valore di testimonianza di civiltà che essi rivestono per le intrinseche qualità storico-artistiche, archeologiche, demoetnoantropologiche, biblio-archivistiche, paesaggistiche, etc, di cui sono dotati.

Prima di questa Legge e della Convenzione che ne rappresenta la scaturigine e il fondamento, si considerava inscindibile, irripetibile ed unico il legame tra bene culturale e cosa materiale. Si ergeva così un confine netto tra le nozioni di bene culturale e quella di opera dell’ingegno, quest’ultima svincolata dal supporto fisico, nonché riproducibile in serie.

Di qui, l’applicazione di una diversa disciplina normativa, pur in presenza di un forte denominatore comune: l’immaterialità del valore culturale di cui sono portatrici entrambe le categorie (la bellezza, la storia di una comunità e la sua identità, la rappresentazione del suo livello di civiltà, la capacità di generare progresso etico-filosofico-tecnico-sociale, etc).

Con la legge in esame, accanto al patrimonio culturale costituito da res quae tangi non possunt, si salvaguarda ora sotto questa egida tutta una serie di res quae tangi non possunt sed solamente concepiuntur, finora neppure rientranti nel regime legale delle proprietà intellettuali: “…le pratiche, le rappresentazioni, le espressioni, conoscenze e saperi, allo stesso modo che gli strumenti, oggetti, manufatti e spazi culturali loro associati, che le comunità, i gruppi, gli individui riconoscono come facenti parte del loro patrimonio culturale” (art. 2, comma 1, della Convenzione di Parigi).

La cultura di una comunità non viene rappresentata esclusivamente dai manufatti e dai monumenti che realizza e tramanda ma anche da tutta una serie di metodiche e conoscenze affidate alla “tradizione orale”, cioè ad un meccanismo di memorizzazione e ripetizione transgenerazionale, sinora misconosciuto dalla normativa italiana.

E’ nata una nuova categoria, al confine tra il bene culturale e l’opera della creatività e dell’ingegno?

 

 

2) Il testo della Convenzione UNESCO di Parigi 2003

 

Questa la struttura essenziale della Convenzione, costituita da 40 articoli[4]:

 

Preambolo

Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale

 

La conferenza Generale dell'Organizzazione  delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, d’ora in poi denominata l’UNESCO, riunita a Parigi dal 29/9 al 17/10 2003 nella trentaduesima sessione,

Considerati gli strumenti internazionali relativi ai diritti dell'uomo, in particolare la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo 1948, nonché il trattato internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966 e il trattato internazionale sui diritti civili e politici del 1966.

Considerata l'importanza del patrimonio culturale immateriale, espressione delle diversità culturali e garanzia di uno sviluppo durevole, come sottolineato dalla raccomandazione dell’UNESCO sulla salvaguardia delle culture tradizionali e popolari del 1989, per la dichiarazione universale dell’UNESCO sulle diversità culturali del 2001 e per la dichiarazione di ISTAMBUL del 2002 adottata dalla 13° tavola rotonda dei ministri della cultura;

Considerata la profonda interdipendenza tra il patrimonio culturale e immateriale e il patrimonio materiale culturale e naturale;

Riconosciuto che il processo di trasformazione sociale costituisce una delle condizioni necessarie per un dialogo rinnovato tra le comunità contro tutti i fenomeni di intolleranza, ugualmente contro le gravi minacce di degrado, di distruzione del patrimonio culturale immateriale.

Consapevole della volontà universale e della preoccupazione condivisa di salvaguardare il patrimonio culturale immateriale dell’umanità

Riconosciuto che le comunità autoctone e persino gli individui svolgono un ruolo fondamentale nella produzione, nella salvaguardia, nella conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale immateriale, contribuendo anche all’arricchimento della diversità culturale e della creatività umana.

…omissis

adotta la presenta Convenzione il 17 ottobre 2003

 

 

I.Disposizioni generali

 

Articolo 1. Obiettivi della Convenzione

 

Gli obiettivi della presente Convenzione sono:

a)la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale:

b)il rispetto di tale patrimonio delle comunità, dei gruppi e degli individui che ne fanno parte;

c)la sensibilizzazione a livello locale, nazionale ed internazionale all'importanza di detto patrimonio culturale immateriale e al   suo rispetto a i vari livelli;

d) la cooperazione e l’assistenza internazionale.

 Articolo 2 Definizioni

 

Ai fini della presente Convenzione,

vanno annoverate nel patrimonio culturale immateriale: le pratiche, le rappresentazioni, espressioni conoscenze e saperi allo stesso modo che gli strumenti, oggetti, manufatti e spazi culturali loro associati che le comunità, i gruppi, gli individui riconoscono come facenti parte del loro patrimonio culturale. Tale patrimonio culturale immateriale, trasmesso in generazione in generazione si ricrea permanentemente per le comunità e i gruppi in funzione del loro ambiente naturale, delle loro interazioni con la natura e la storia, e che è causa di un sentimento di identità e continuità che contribuisce a promuovere il rispetto della diversità culturale e la creatività umana.

 

Comma 2

Il patrimonio culturale immateriale come è stato definito al comma 1,  si manifesta notoriamente in tali ambiti:

a) nelle tradizioni è nelle espressioni orali, compresa la lingua come vettore di detto patrimonio;

b) nelle arti e nello spettacolo;

c) nelle pratiche sociali, naturali e negli avvenimenti festivi;

d) nelle conoscenze pratiche concernenti la natura dell'universo;

e) nelle abilità sviluppate dall'artigianato tradizionale.

 

Comma 3

Per salvaguardia si intende l’introduzione di misure finalizzate ad assicurare la vitalità del patrimonio culturale immateriale, compresa l'identificazione, la documentazione, la ricerca, la conservazione, la promozione, la valorizzazione, la trasmissione, essenzialmente per l'educazione formale e non formale, compresa la rivitalizzazione dei differenti aspetti di tale patrimonio.

 

Comma 4 e 5 omissis

 

Articolo 3

Rapporti con gli altri strumenti internazionali

omissis

 

 

II.Organi della Convenzione

 

Articolo 4

Assemblea generale degli Stati firmatari

omissis

 

Articolo 5

Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale

comma 1

E’ costituito presso l’UNESCO un comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale composto dai rappresentanti di 18 Stati membri il cui numero sarà portato a 24.

comma 2 omissis

 

Articolo 6

Elezione e mandati degli Stati membri del comitato

omissis

 

Articolo 7

Funzioni del Comitato

Le funzioni di detto comitato saranno di:

a)  promuovere gli obiettivi della convenzione,favorendo la loro realizzazione concreta;

b)  impartire pareri sulle migliori pratiche adottate e formulare le raccomandazioni sulle misure da adottare sia in favore del patrimonio culturale immateriale;

c) preparare e sottoporre all'approvazione dell'Assemblea Generale un progetto di utilizzazione di un Fondo in base all'articolo 25

d,e,  omissis

f) esaminare le domande presentate dagli Stati partecipanti alla Convenzione e decidere in conformità dei criteri oggettivi di selezione stabiliti e approvati dall’Assemblea Generale.

g) omissis

 

Articolo 8

Metodo di lavoro del comitato

omissis

 

Articolo 9

Accrediti alle organizzazioni consultive

omissis

 

Articolo 10

Il segretariato

omissis

 

 

III.Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale su scala nazionale

 

Articolo 11

Ruolo degli Stati sottoscrittori

È compito di ciascuno Stato

a) adottare le misure necessarie per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale presente sul proprio territorio,

b) identificare e definire i differenti elementi del patrimonio culturale immateriale presenti sul proprio territorio, con la partecipazione della comunità, dei gruppi e delle organizzazioni non governative pertinenti.

 

Articolo 12

Inventari

1. Per assicurare l'identificazione, ai fini della salvaguardia, ciascuno Stato aderente dovrà compilare un inventario patrimonio culturale immateriale presente sul suo territorio. Questo inventario sarà aggiornato regolarmente

2. ciascuno Stato relazionerà periodicamente  al Comitato, secondo l’art. 29, fornendo  informazioni pertinenti sugli inventari

 

Articolo 13

Altre misure di salvaguardia

Per garantire la salvaguardia, lo sviluppo e la valorizzazione del patrimonio culturale immateriale presente sui loro territori, tutti gli Stati firmatari dovranno:

a) adottare una politica generale finalizzata a valorizzare la funzione del patrimonio culturale immateriale nella società e a integrare la salvaguardia di detto patrimonio all’interno di specifiche strategie;

b) designare uno o più organismi competenti per la salvaguardia del patrimonio  culturale immateriale presente sui loro territori;

c) incoraggiare gli studi scientifici, tecnici ed artistici nonché quelle metodologie di ricerca per un’efficace salvaguardia del patrimonio culturale  immateriale e, in particolare, di quelle testimonianze di esso che sono in pericolo;

d) adottare le misure giuridiche, tecniche, amministrative e finanziarie appropriate per:

i.favorire la creazione o il rafforzamento delle istituzioni preposte alla raccolta e gestione del  patrimonio culturale immateriale nonché la sua diffusione anche attraverso forum e spazi destinati alla sua rappresentazione ed espressione;

ii.garantire l’accesso al patrimonio culturale immateriale nel pieno rispetto delle procedure che consentono l’accesso a degli aspetti specifici di tale patrimonio;

iii. creare istituzioni per la documentazione del patrimonio culturale immateriale e per facilitare l’accesso ad esso da parte del pubblico.

 

Articolo 14

Educazione, sensibilizzazione ed implementazione delle capacità

omissis

 

Articolo 15

Partecipazioni delle comunità, gruppi e singoli

omissis

 

 

IV.  Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale su scala internazionale

 

Articolo 16

Liste ricognitive del patrimonio culturale immateriale dell'umanità

omissis

 

Articolo 17

Lista del patrimonio culturale immateriale bisognoso di interventi urgenti di salvaguardia

omissis

 

Articolo 18

Programmi, progetti e attività di salvaguardia del patrimonio culturale immateriale

omissis

 

V.Cooperazione e assistenza internazionale

 

Articolo 19

Cooperazione

omissis

 

Articolo 20

Obiettivi dell'assistenza internazionale

omissis

 

Articolo 21

Forme di assistenza internazionale

omissis

 

Articolo 22

Condizioni dell'assistenza internazionale

omissis

 

Articolo 23

Richieste di assistenza internazionale

omissis

 

Articolo 24

Ruolo degli Stati aderenti

omissis

 

 

VI.Fondo per il patrimonio culturale immateriale

 

Articolo 25

Natura e risorse del Fondo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale

omissis

 

Articolo 26

Contributo al Fondo da parte degli Stati aderenti

omissis

 

Articolo 27

Contributo volontario supplementare al Fondo

omissis

 

Articolo 28

Campagna internazionale per la raccolta del Fondo

omissis

 

 

VII.Rapporti

 

Articolo 29

Rapporti degli Stati membri

omissis

 

Articolo 30

Rapporto del Comitato

omissis

 

 

VIII.Disposizioni  transitorie

 

Articolo 31

Relazione con la Proclamazione dei capolavori del patrimonio culturale e immateriale dell'umanità

omissis

 

 

IX. Disposizioni finali

 

Articolo 32

Ratifica, accettazione e approvazione

omissis

 

Articolo 33

Adesione

omissis

 

Articolo 34

Entrata in vigore

La presente Convenzione entrerà in vigore tre mesi dopo la data di deposito dello istrumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione, esclusivamente per quanto riguarda gli Stati che avranno depositato i loro rispettivi istrumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione entro tale data o anteriormente. Entrerà in vigore per tutti gli altri Stati a partire da tre mesi dopo il deposito dei rispettivi istrumenti di ratificazione, accettazione, approvazione o adesione.

 

Articolo 35

Regime costituzionale federativo o non unitario

omissis

 

Articolo 36

Denuncia

omissis

 

Articolo 37

Funzioni del depositario

omissis

 

Articolo 38

Emendamenti

omissis

 

Articolo 39

Testi facenti fede

omissis

 

Articolo 40

Registrazione

omissis

 

 

3) La nozione tradizionale di patrimonio culturale

Le nozioni legali di patrimonio e di bene culturale hanno subito una lunga evoluzione nel nostro ordinamento[5].

Tutta la normativa sino ad oggi presupponeva il carattere di materialità del bene culturale.
La vetusta legge 1089 del 1939 era posta a tutela delle “cose di interesse storico-artistico”, quindi il regime legale riguardava esclusivamente le cose, cioè i beni fisicamente percepibili.

Il Codice Civile del 1942 non si discostava da tale impostazione[6].

Anche l’art. 9 della nostra Carta Costituzionale del 1948 promuove lo sviluppo della cultura[7] e tutela in modo indifferenziato “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”, non distinguendo le testimonianze materiali da quelle immateriali[8].

La “coseità” del patrimonio culturale fu ribadita dalla Commissione Franceschini[9]. per la quale il bene culturale è ciò «che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà», un concetto concreto e materialmente sostanziato, che ben risponde all’esigenza di superare il criterio di valore in sé dell’opera d’arte, per sostituirlo con una  nozione relativizzata al contesto storico in cui essa nasce e si diffonde, ma mal si attaglia alle manifestazioni della cultura “orale” e a gran parte della fenomenica artistica dei nostri giorni, sempre più smaterializzata e slegata dal supporto fisico utilizzato in passato (quadro, scultura affresco, etc., vengono sostituiti da installazioni precarie, performance, opere non destinate alla conservazione perché transeunti ab origine, etc.).

La definizione della Commissione Franceschini fu ripresa poi dalla Commissione Papaldo[10] e nella successiva legislazione[11].

L'art. 148, d.lg. 31 marzo 1998 n. 112 (confermato dall'art. 1 n. 2, d.lg. 20 ottobre 1998 n. 368) si richiamava alla definizione della Commissione Franceschini[12], però espungendo il requisito della materialità come vincolante. La norma rinviava a futuri provvedimenti legislativi l'individuazione delle cose aventi valore testimoniale di civiltà da inserire nell’elenco.

La definizione dell'art. 148, d.lg. n. 112, cit., fu ripresa dall'art. 4, d.lg.n. 490 del 1999 (Testo Unico dei beni culturali) nella sua ultima versione.

 

4) La concezione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio

Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (dlgs n. 42 del 22/01/2004 e succ. mod.), riprendendo la predetta definizione della Commisione Franceschini, secondo alcuni commentatori, ha finito per ribadire, con la sua pretesa unificante della nozione di patrimonio culturale, “l’accezione giuridica reale (la coseità –  rectius , materialità) del bene culturale, che certo non soddisfa le attese più volte emerse in ordine alla immaterialità del bene culturale” [13].

L’Art. 2  del Codice (sotto il titolo “Patrimonio culturale”), comma II, recita:

“Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valori di civiltà”.

L’art. 10 del Codice, nel testo corretto e integrato dal Dlgs. 156/2006, (PARTE SECONDA, Beni culturali, TITOLO I, Tutela, Capo I, Oggetto della tutela), specifica:

 1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonche' ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.

2. Sono inoltre beni culturali:

a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonche' di ogni altro ente ed istituto pubblico;
b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonche' di ogni altro ente ed istituto pubblico;
c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonche' di ogni altro ente e istituto pubblico…(omissis)

3. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'articolo 13:
a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1; b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;
c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;
e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali,
  ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestono come complesso un eccezionale interesse.

4. Sono comprese tra le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettera a):
a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio, anche storico;
c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché
 i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio;
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio;
e) le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;
f) le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;
g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
h) i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;
i) le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico;
l) le i architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell'economia rurale tradizionale.

5. Salvo quanto disposto dagli articoli 64 e 178, non sono soggette alla disciplina del presente Titolo le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettere a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni”.

 

Al successivo articolo 11, si aggiunge la seguente elencazione di
beni oggetto di specifiche disposizioni di tutela:

 

1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 10, qualora ne ricorrano presupposti e condizioni, sono beni culturali, in quanto oggetto di specifiche disposizioni del presente titolo:
a) gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli e gli altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista, di cui all'articolo 50, comma 1;
b) gli studi d'artista, di cui all'articolo 51;
c) le aree pubbliche di cui all'articolo 52;
d) le opere di pittura, di scultura, di grafica e qualsiasi oggetto d'arte di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, di cui agli articoli 64 e 65;
e) le opere dell'architettura contemporanea di particolare valore artistico, di cui all'articolo 37;
f) le fotografie, con relativi negativi e matrici, gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali, comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni, di cui all'articolo 65;
g) i mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni, di cui agli articoli 65 e 67, comma 2;
h) i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni, di cui all'articolo 65;
i) le vestigia individuate dalla vigente normativa in materia di tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale, di cui all'articolo 50, comma 2”.

Dalla lettura della normativa codicistica, che pure ha suscitato commenti positivi in ordine alla questione definitoria[14], emergono, invero, alcuni elementi di riflessione di segno opposto in ordine al tema oggetto della presente trattazione:

a) è definitivamente scomparsa la aggettivazione “materiale” che si accompagnava alla locuzione”testimonianze aventi valore di civiltà” (v. art. 2). Ciò, lascerebbe aperto, almeno in linea teorica, uno spiraglio all’estensione del regime legale ad una serie di testimonianze di natura prettamente immateriale[15];

b) ad essere tutelate restano le “cose” poiché negli artt. 10 e 11 sono enumerati beni culturali di tipo esclusivamente materiale, cioè oggetti e manufatti tangibili.

Con tutta probabilità, l’estensore del Codice si è pur posto il problema della tutela delle tradizioni, dei saperi e dei mestieri oralmente trasmessi, cioé dei beni o attività culturali non materiali; infatti, l’art. 1 comma 2 fa riferimento esplicito alla “memoria della comunità nazionale e del suo territorio” (la memoria non sempre è fissata in un supporto materiale e spesso viene tramandata per via affabulativa diretta o indiretta) come a qualcosa da preservare.

Tuttavia, non ha avuto il coraggio di introdurre tale innovazione, oppure ha ritenuto di averla introdotta per il sol fatto di aver espunto la parola “materiale” dal proprio lessico, forse memore che anche nella nozione dominicale di bene, di cui all’art. 810 Codice Civile, si fanno rientrare sia i beni corporali immateriali, quali le energie, sia i beni affatto incorporali, come le opere della creatività e dell’ingegno.

Sta di fatto che, alla luce della normativa codicistica di settore, il requisito della materialità, oltre a quelli della tipicità e della pluralità, continuava ad essere ineludibile[16], anche se la Dottrina più evoluta si dichiarava propensa a futuri ripensamenti in merito da parte del legislatore[17], soprattutto per quanto riguarda gli oggetti volatili dell’antropologia culturale, quali feste, spettacoli, musiche popolari, detti, usi, costumi e tradizioni del Folk-Lore[18].

 

5) La Convenzione di Parigi 2003 e la nuova nozione inclusiva del patrimonio immateriale nazionale ed universale

L’UNESCO ha ritenuto di introdurre appositi strumenti normativi per la protezione del patrimonio culturale immateriale sulla scorta di una serie di altri accordi internazionali: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, il trattato internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966 e il trattato internazionale sui diritti civili e politici del 1966, la Raccomandazione dell’UNESCO sulla salvaguardia delle culture tradizionali e popolari del 1989, la Dichiarazione universale dell’UNESCO sulle diversità culturali del 2001 la Dichiarazione di ISTAMBUL del 2002.

La Convenzione in esame va raccordata, inoltre, con la posteriore Convenzione sulla protezione delle diversità culturali, sottoscritta,  sempre a Parigi, il 20 ottobre 2005 dai rappresentanti dei Paesi membri dell’UNESCO, ratificata dal nostro Paese con Legge n. 19 del 19 febbraio 2007[19], con la quale si è cercato di rafforzare i vari anelli che formano la catena creativa, tutelando la diversità culturale intesa come l’insieme delle molteplici espressioni dell’ingegno umano, materiali ed immateriali, esistenti nel tempo e nello spazio, costituenti “patrimonio comune” di tutte le genti.

La Convenzione UNESCO mira a salvaguardare una particolare tipologia di patrimonio culturale dell’umanità, la cui importanza era stata sinora negletta o sottovalutata.

Il patrimonio culturale immateriale è costituito da un insieme di idee e contenuti volatili e intangibili che rappresentano testimonianza di civiltà, quali possono essere a titolo esemplificativo: le tradizioni e le espressioni orali, ivi compresa la lingua come vettore culturale, le arti dello spettacolo, le pratiche sociali, i rituali e le festività popolari, le conoscenze e le pratiche riguardanti la natura e l’universo, i mestieri tradizionali e l’artigianato (v. art. 2, comma 2, lett. a),b),c), d) e) Convenzione).

Trattasi di una sterminata congerie di saperi, mestieri e attività sinora rimasti privi di considerazione e di tutela normativa, il cui valore viene ora per la prima volta universalmente riconosciuto e tutelato, sull’onda di una progressiva dematerializzazione della stessa New Economy.

Tale patrimonio si colloca in rapporto di profonda interdipendenza con il patrimonio dei beni materiali (v. preambolo comma 4), costituito da edifici, monumenti, reperti, opere e manufatti, perché è l’humus intellettuale in cui tali monumenti vanno a realizzarsi, la trama del tessuto storico in cui essi si collocano. Esso è la fonte di produzione culturale in continua evoluzione, rispetto alla staticità propria dei beni culturali fisicamente percepibili; per questo viene considerato espressione delle diversità culturali e garanzia di uno sviluppo durevole (preambolo, comma 3).

In particolar modo, la Convenzione riconosce che le comunità autoctone e persino gli individui svolgono un ruolo fondamentale nella produzione, nella salvaguardia, nella conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale immateriale, contribuendo anche all’arricchimento della diversità culturale e della creatività umana (Preamb., comma 7).

In tal modo, vengono recepiti i migliori studi storici e demoetnoantropologici, i quali da tempo riconoscono valore culturale alle arti, ai mestieri, alle tradizioni ed alle feste, siccome tramandati anche per via orale, come dimostra la mirabile dotazione della Fonoteca di Stato.

La Convenzione si prefigge: la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale; il rispetto di tale patrimonio delle comunità, dei gruppi e degli individui che ne fanno parte; la sensibilizzazione a livello locale, nazionale ed internazionale all'importanza di detto patrimonio culturale immateriale e al suo rispetto ai vari livelli; la cooperazione e l’assistenza internazionale (art. 1 Obiettivi).

Con il termine salvaguardia, si intende il complesso di misure  finalizzate ad assicurare la vitalità del patrimonio culturale immateriale, compresa l'identificazione, la documentazione, la ricerca, la conservazione, la promozione, la valorizzazione, la trasmissione, essenzialmente per l'educazione formale e non formale, nonché la rivitalizzazione dei differenti aspetti di tale patrimonio (art. 2 comma 3).

A tal fine, la Convenzione ha istituito un nuovo organismo, il Comitato Intergovernativo, che dovrà svolgere le seguenti principali funzioni: “promuovere gli obiettivi della convenzione, favorendo la loro realizzazione concreta; impartire pareri sulle migliori pratiche adottate e formulare le raccomandazioni sulle misure da adottare sia in favore del patrimonio culturale immateriale; preparare e sottoporre all'approvazione dell'Assemblea Generale un progetto di utilizzazione di un Fondo in base all'articolo 25;  esaminare le domande presentate dagli Stati partecipanti alla Convenzione e decidere in conformità dei criteri oggettivi di selezione stabiliti e approvati dall’Assemblea Generale” (art. 7).

Gli Stati aderenti si impegnano a relazionare al Comitato sulle condizioni di tutela del proprio patrimonio culturale immateriale (art. 29). Il Comitato, a sua volta, elaborerà i rapporti nazionali e predisporrà periodicamente un documento complessivo (art. 30).

Agli Stati firmatari toccherà prima di tutto (in ordine concettuale, anche se l’ordine di priorità della Convenzione è inverso), in collaborazione con le singole comunità ed enti territoriali, identificare e definire i diversi elementi del proprio patrimonio culturale immateriale, redigendo all’uopo un inventario da aggiornarsi periodicamente (lett. b) art. 11) e da trasmettersi al Comitato (art. 12, comma 2); poi, predisporre le opportune misure per attuare la tutela di tale tipologia di patrimonio pubblico, come elencate dall’art. 13 della Convenzione.

Altre disposizioni sono dettate per garantire la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale su scala internazionale (artt. 16-25) e per dotare di un adeguato Fondo tale nobile obiettivo, a mezzo di contributi imposti a carico dei firmatari e da reperirsi anche a mezzo di apposite campagne internazionali per la raccolta di finanziamenti (art. 25-28).

 

6) Considerazioni conclusive

Riteniamo che la Legge n. 167/2007 e la Convenzione di Parigi del 2003 oggetto di ratifica, non istituiscano un nuovo genere di bene culturale piuttosto una species di tale categoria, la cui inclusione nella nozione di patrimonio culturale nazionale ed internazionale diviene una realtà, così come l’esigenza della sua tutela uno dei doveri degli Stati sottoscrittori.

Oltre ad espugnare la roccaforte del requisito della materialità del bene culturale, peraltro già in bilico, la Convenzione crea un vulnus anche nei caratteri di tassatività e tipicità, atteso che introduce una serie di tipologie nuove, assai ampie, ma, soprattutto, impalpabili, col rischio per troppo voler tutelare, di riuscire in poco.

Per contro, de iure condito, nella categoria di bene culturale immateriale andrebbero ora ricomprese (solo qualora ritenute di notevole interesse per la collettività)anche le “attività culturali”, ovvero quelle “attività riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura”[20], non assoggettate al regime del Codice (in quanto non rientranti nell’elencazione tipologica degli artt. 10 e 11.), né alla disciplina del diritto d’autore[21].

Tali attività, menzionate dal disposto dell’art. 117, comma III, Costituzione, sono le stesse  previste dalle disposizioni del comma primo, lett. f) e g), dell’art. 148, d.lg. n. 112/1998[22]; attività che lo Stato e gli enti territoriali debbono promuovere e valorizzare (artt. 152 e 153)[23], e delle quali si deve occupare la Commissione per i beni e le attività culturali, istituita presso le regioni dagli artt. 154 e 155 dello stesso d.lg. n. 112/1998.

Trattasi di eventi, mostre, progetti, gesti e atti artistici, messe in scena teatrali, kermesse e manifestazioni letterarie e canore di riconosciuto valore e continuità temporale, comunque estrinsecatesi in manifestazioni concretamente percepibili (quali il premio Strega, la Biennale e il Festival del Cinema di Venezia, il Festival di Sanremo) che, alla luce della Legge 167/2007, potrebbero farsi rientrare in questa accezione estesa di patrimonio culturale immateriale del nostro Paese.

La loro esclusione è stata sinora motivata con la loro diversa funzione rispetto ai beni culturali (sia materiali che immateriali); questi ultimi sarebbero memorie ereditate dal passato, mentre le attività in questione sarebbero destinate a rivolgersi verso il futuro per la formazione e la diffusione della cultura tra i cittadini.

Tale motivazione sembra non cogliere l’evoluzione di tutta una gamma di prodotti dell’arte contemporanea, sempre più dematerializzata[24] (vedi action painting, body art, computer art, installazioni temporanee e performance, mancanti di alcun supporto corporale e permanente), che purtuttavia andrebbero salvaguardati, poiché saranno le testimonianze che nel futuro documenteranno la cultura della  nostra epoca.

Allo stato attuale, mentre le opere d’arte del passato vengono tutelate dalla legislazione in materia di beni culturali, quelle a noi contemporanee vengono protette per mezzo della tutela dei diritti riconosciuti ai loro autori.

Per l’arte del presente non esiste la tutela dell’oggetto, del verso, della melodia di per sé, poiché esso non è stato ancora secolarizzato nella memoria e riconosciuto come testimonianza di civiltà in una visione retrospettiva.

Sono esclusivamente i diritti dell’artista/autore a trovare riconoscimento, più o meno ampio ed efficace, non l’opera, che anzi è asservita al suo creatore, che può disporne a suo piacimento, giungendo financo a distruggerla.

Almeno in senso economico e giuridico, l’opera d’arte contemporanea non appartiene a tutta l’umanità, bensì può essere oggetto di committenza, di commercio e di proprietà privata, piena ed esclusiva, se non addirittura di dominio “tombale”, come ha dimostrato l’eclatante episodio del miliardario giapponese il quale, dopo essersi aggiudicato all’asta un Van Gogh, lo ha seppellito per sempre nel proprio sepolcro.

Tale situazione di centralità del soggetto portatore di diritti individuali suscettibili di libera cessione, si scontra con l’esigenza collettiva alla conservazione dei capolavori del presente e del futuro.

D’altro canto, non si può tutelare un’opera sine die solo perché è stata realizzata da un sedicente artista di moda per qualche tempo.

Per salvaguardare efficacemente le opere del presente, occorre invero compiere uno sforzo definitorio per distinguere ciò che è arte destinata a permanere come testimonianza di civiltà (e va per questo tutelata dagli abusi del proprietario) da ciò che non lo è, per cui non abbisogna di un regime vincolistico.

 



[1] L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura fu costituita nel 1945, all’indomani della seconda guerra mondiale, dagli stati membri dell’O.N.U. per i seguenti scopi, tra gli altri: “per la conservazione e la protezione del patrimonio universale di libri, opere d’arte e monumenti di interesse storico o scientifico…”, nonché “per favorire la cooperazione tra le nazioni in tutti i campi dell’attività intellettuale e lo scambio internazionale di rappresentanti della educazione, della scienza e della cultura, allo stesso modo che pubblicazioni, opere d’arte, materiale sperimentale e qualsiasi documentazione utile al fine” (art. 1 dell’Atto di Costituzione dell’UNESCO, in Testi fondamentali Unesco, ed. 2004, Parigi).

[2] art. 11 ter comma VII L. 468/78: “Copertura finanziaria delle leggi. Qualora nel corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne dà notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi. Il Ministro dell'economia e delle finanze può altresì promuovere la procedura di cui al presente comma allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari. La stessa procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri”.

[3] art. 7 secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978: “Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine. Nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro è istituito, nella parte corrente, un «Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine» le cui dotazioni sono annualmente determinate, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio. Con decreti del Ministro del tesoro, da registrarsi alla Corte dei conti, sono trasferite dal predetto fondo ed iscritte in aumento sia delle dotazioni di competenza che di cassa dei competenti capitoli le somme necessarie: 1) per il pagamento dei residui passivi di parte corrente, eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa, [in caso di richiesta da parte degli aventi diritto, con reiscrizione ai capitoli di provenienza, ovvero a capitoli di nuova istituzione nel caso in cui quello di provenienza sia stato nel frattempo soppresso]  2) per aumentare gli stanziamenti dei capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio o connessi con l'accertamento e la riscossione delle entrate. Allo stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro è allegato l'elenco dei capitoli di cui al precedente numero 2), da approvarsi, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio.

 

[4] Traduzione dal francese dell’Autore, in collaborazione con Antonio Valenza. Il testo integrale francese è disponibile su www.gazzettaufficiale.it.

[5]. Sull’argomento e per un’ampia e dettagliata disamina della normativa nazionale ed europea ante Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici, vedi Tommaso Alibrandi, L'evoluzione del concetto di bene culturale, in Foro Amm. 1999, 11-12, 2701. Vedi anche, dello stesso autore, Relazione al convegno, Il testo unico in materia di beni culturali e ambientali, Gubbio, 26-27 novembre 1999. Vedi, infine,“Definire i beni culturali”, pagg. 11 e ss., in G. Galasso, Beni e mali culturali, Napoli, 1996. L’Autore lamentava che sia invalsa una nozione eccessivamente lata quanto vuota di bene culturale, nella quale si tende a far rientrare ogni sorta di prodotto dei tempi.

[6] L’art. 822, comma II, del Codice Civile afferma che “Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, …gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche…”. Ai sensi dell’art. 826, comma II, Codice Civile, fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le cose di interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico. Secondo l’art. 839 del Codice Civile, il “vincolo storico-ambientale” viene imposto a beni mobili o immobili …”.

[7] Il termine “culturale” in luogo di “artistico”, con tutte le implicazioni che questo cambiamento lessicale comporta, venne utilizzato per la prima volta nella Convenzione internazionale dell'Aia del 14 maggio 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, poi ratificata in Italia con legge n. 279 del 17 febbraio 1958. All’art. 1 si elencavano le seguenti tipologie, tutte di tipo corporale: « a) i beni mobili e immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli, come i monumenti architettonici, di arte o di storia, religiosi o laici; le località archeologiche; i complessi di costruzione che, nel loro insieme offrano un interesse storico o artistico; le opere d'arte; i manoscritti, libri e altri oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, nonché le collezioni scientifiche e le collezioni importanti di libri o di archivi o di riproduzione dei beni sopra definiti; b) gli edifici, la cui destinazione principale ed effettiva è di conservare o di esporre i beni culturali mobili definiti nel capoverso a); c) i centri comprendenti un numero considerevole di beni culturali, definiti ai capoversi a) e b), detti centri monumentali».

La nozione di “patrimonio culturale” andrà precisandosi nella Convenzione culturale europea di Parigi del 16 dicembre 1954, nei documenti preparatori dell’U.N.E.S.C.O. (1962-64), e poi nell'art. 4, conv. di Parigi del 1970, nonché nell'art. 1, conv. di Parigi, 16 novembre 1972.

 

[8] E’ pur vero che in una lettura evolutiva della norma costituzionale la promozione culturale e la salvaguardia del patrimonio storico-artistico comportano la predisposizione di tutti i mezzi idonei alla maggiore circolazione possibile delle arti, delle tradizioni, delle conoscenze, dei saperi, dei mestieri e delle tecniche, sia se concretizzatisi in manufatti sia se rimasti a livello di espressioni immateriali.

 

[9] Con la legge n. 310 del 26.04.1964, emanata per chiarire e precisare i beni oggetto di tutela, si costituì una “Commissione di indagine per la tutela e la valorizzazione delle cose di interesse storico, archeologico, artistico e del paesaggio” (Commissione Franceschini, Per la salvezza dei beni culturali in Italia), Roma, 1967. Per la lettura della documentazione della Commissione, nonché del testo originale di altri documenti inediti o rari, vedi R. Cecchi, I beni culturali. Testimonianza materiale di civiltà, Milano, 2006.

[10] Papaldo, Relazione sullo schema di disegno di legge: tutela e valorizzazione dei beni, in Riv. Trim. dir. Pubbl., 1970, p. 905 e ss.

[11] Essa fu consacrata a livello legislativo nel d.l. 14 dicembre 1974 n. 657, convertito nella l. 29 gennaio 1975 n. 5, che istituì il Ministero per i beni culturali ed ambientali, ed è stata poi costantemente utilizzata nella successiva legislazione: nel d.P.R. 3 dicembre 1975 n. 805; nel d.P.R. 24 luglio 1997 n. 616, nell’art. 148, d.lg. 31 marzo 1998 n. 112 (confermato dall'art. 1 n. 2, d.lg. 20 ottobre 1998 n. 368), nonché nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004 e successive modifiche, ultima opera sistematica destinata a disciplinare la materia.

[12] Sono beni culturali «quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà così individuati in base alla legge».

 

[13] Da pag. 51 di M. Cammelli, Introduzione a: Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, Bologna, 2004.

[14] L’attuale “formula del Codice esprime in modo felice l’abbandono di una concezione estetizzante ed elitaria delle “cose d’arte”, a favore di un processo di democratizzazione del patrimonio storico e artistico della Nazione” (L. Casini, voce Beni Culturali, in Il Diritto, Encicl. giuridica, Sole 24 Ore, Milano, 2007).

[15] secondo C. Barbati, M. Cammelli e G. Sciullo, Il diritto dei beni culturali, ed. Il Mulino, Bologna, 2006, pag. 3, la configurabilità di beni culturali anche immateriali, resta più teorica che reale.

 

[16]In ogni caso è da tenere presente che istituti previsti nella disciplina del Codice, quali la prelazione, l’espropriazione e l’esportazione, presuppongono la materialità del bene, sicché quando il legislatore estendesse l’ambito degli attuali beni culturali ai (o a categorie di) beni immateriali, non potrebbe eludere il tema di modulare la disciplina del Codice oppure di integrarla o modificarla” ( da C. Barbati, M. Cammelli e G. Sciullo, op. cit., pag. 4).

[17] “Nulla impedisce, peraltro, che il legislatore (come consente l’art. 2, ult. parte) configuri in futuro uno o più tipi di beni culturali immateriali”: C. Barbati, M. Cammelli e G. Sciullo, op. cit. pag. 3-4.

[18] vedi sul punto Stella Richter P. e Scotti E., Lo statuto dei beni culturali tra conservazione e valorizzazione, in I beni e le attività culturali, a cura di A. Catalani e S. Cattaneo, Ed Cedam Padova, 2002, pagg. 385-525

[19] Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione e la promozione delle diverse espressioni culturali, fatta a Parigi il 20/10/2005, in G.U. del 5/03/2007 n. 53, suppl. ord. n. 57/L. Vedi in www.beniculturali.it e in www.portal.unesco.org.

[20]  definizione resa dalla Corte Costituzionale sent. 19/07/2005 n. 285 e sent. 21/07/2004 n. 255. In tale definizione vanno comprese: le attività di spettacolo, disciplinate dall’art. 156 Dlgs 112/98, e cinematografiche, disciplinate dal d.lgs n. 28 del 22/01/2004 e succ. mod.

[21] Vedi Ord. Tribunale di Bari 6.02.2000, est. Luigi Di Lalla: “Secondo la opinione prevalente, la organizzazione di una manifestazione, del tipo mostra o rassegna culturale o commerciale, non può costituire di per sé opera protetta dal diritto d’autore, per il rilievo che la nozione di opera  dell’ingegno tutelata presuppone pur sempre che l’opera creativa si estrinsechi in una espressione formale, assumendo così la destinazione specifica di rappresentazione intellettuale diretta ad una comunicazione al pubblico, comunicazione che si attua necessariamente attraverso un mezzo materiale idoneo a circolare e ad essere riprodotto. Il fatto organizzativo si esaurisce in sé e non si oggettiva in una espressione formale capace di essere comunicata al pubblico, e non integra quindi un’opera avente una sua materialità, suscettibile di circolare separatamente dalla idea creativa e di offrire quelle utilizzazioni (pubblicazioni, riproduzione, esecuzione, rappresentazione, diffusione) in relazione alle quali è apprestata la tutela (in termini, Cass. 5 febbraio 1988 n. 1264)”.

[22]Titolo IV - Servizi alla persona e alla comunità - Capo V - Beni e attività culturali - Art. 148 – Definizioni 1. Ai fini del presente decreto legislativo si intendono per: omissis - f) "attività culturali", quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte; g) "promozione", ogni attività diretta a suscitare e a sostenere le attività culturali”.

[23]Art. 152  - La valorizzazione – omissis -comma 3. Le funzioni e i compiti di valorizzazione comprendono in particolare le attività concernenti: omissis - d) l'organizzazione di studi, ricerche ed iniziative scientifiche anche in collaborazione con università ed istituzioni culturali e di ricerca; e) l'organizzazione di attività didattiche e divulgative anche in collaborazione con istituti di istruzione; f) l'organizzazione di mostre anche in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati; g) l'organizzazione di eventi culturali connessi a particolari aspetti dei beni o ad operazioni di recupero, restauro o ad acquisizione; h) l'organizzazione di itinerari culturali, individuati mediante la connessione fra beni culturali e ambientali diversi, anche in collaborazione con gli enti e organi competenti per il turismo. Art. 153 - La promozione 1. Lo Stato, le regioni e gli enti locali provvedono, ciascuno nel proprio ambito, alla promozione delle attività culturali.  omissis - 3. Le funzioni e i compiti di promozione comprendono in particolare le attività concernenti: a) gli interventi di sostegno alle attività culturali mediante ausili finanziari, la predisposizione di strutture o la loro gestione; b) l'organizzazione di iniziative dirette ad accrescere la conoscenza delle attività culturali ed a favorirne la migliore diffusione; c) l'equilibrato sviluppo delle attività culturali tra le diverse aree territoriali; d) l'organizzazione di iniziative dirette a favorire l'integrazione delle attività culturali con quelle relative alla istruzione scolastica e alla formazione professionale; e) lo sviluppo delle nuove espressioni culturali ed artistiche e di quelle meno note, anche in relazione all'impiego di tecnologie in evoluzione”.

 

[24] vedi D. Costello, Cosa è successo all’incorporazione? L’eclisse della materialità nell’ontologia dell’arte di Danto, in Rivista di Estetica n. 2, ed. Rosemberg  e Sellier, Torino, 2007, pag. 113 e ss.